Le “coliche” dei neonati sono un fenomeno complesso, che a dispetto del titolo ammiccante, non fa ridere nessuno, anzi. Piangono i bimbi e spesso piangono le mamme quando non sanno come tranquillizzare i loro cuccioli! Ma di cosa si parla quando sentiamo dire “il mio ha iniziato ad avere le coliche?” spesso verso la fine della giornata. Provocatoriamente un pediatra, il dottor William Sears in un vecchio libro (dal titolo italiano infelice “Bambini capricciosi”) diceva che il termine colica è una parola di 6 lettere usata per indicare una situazione in cui ….non comprendiamo il pianto del bambino.

Un neonato può piangere per tanti motivi, e di fatto il pianto è una forma di comunicazione importante che il piccolo usa per esprimere i propri bisogni e ciò che prova. I motivi del suo pianto possono essere molti: chiediamoci intanto se può aver fame, sete, o se sia stanco, in prima battuta; poi si può osservare se ci sono difficoltà ad attaccarsi correttamente al seno, oppure a gestire il flusso di latte durante la poppata (il “riflesso di emissione forte” al seno oppure un flusso molto veloce dal biberon).

Altre volte il pianto esprime una reazione agli stimoli esterni che diventano eccessivi, senza che i genitori se ne accorgano; oppure, ancora, un qualsiasi disagio fisico (banalmente anche solo pannolino da cambiare o chiuso stretto, oppure una etichetta dentro al body che solletica la pelle..). Sopra tutti e insieme a queste situazioni appena citate, il bisogno di contatto, il semplice bisogno di poppare. 

Ciascuno di questi bisogni la maggior parte delle volte ha una risposta semplice: tenere  il bambino vicino, prenderlo in braccio, coccolarlo, allattarlo, cambiarlo se ne ha bisogno, creare un’atmosfera calma, aiutarlo a rilassarsi e  addormentarsi. Molto spesso però ai neogenitori viene suggerito già dai primissimi giorni di vita di non prendere in braccio “troppo spesso” il bambino, oppure di allattarlo “sì a richiesta ma non prima di X tempo” altrimenti “si abitua/si vizia/non si regola”. Questi suggerimenti non tengono sufficientemente conto delle grandi trasformazioni e degli adattamenti che il neonato attraversa nelle prime settimane e mesi di vita, e nelle quali viene accompagnato dai genitori, imparando a fare tantissime cose, a nutrirsi, a percepire il proprio corpo e a gestire gli stimoli esterni. 

Se il bambino smette di piangere poppando o grazie al contatto con il corpo del genitore, la risposta ha funzionato e  prendere tempo per capire in anticipo il motivo del pianto prima di intervenire può significare.. perdere tempo… e far poi ancora più fatica a calmare la propria creatura.

Pianto e irrequietezza, solo colpa delle coliche?

 

Ma cosa si intende per coliche? 

A volte nei primi mesi accadono episodi di pianto che vengono detti “coliche” e che sono stati descritti  per definizione clinica nel 1954 dal pediatra Morris Arthur Wessel, come un pianto che si protrae per più di 3 ore al giorno, più di 3 giorni a settimana, e per più di 3 mesi. Questa situazione è più frequente nelle prime 6 settimane e in genere si risolve dopo il terzo mese.

Il pianto detto “da colica”: 

  • è acuto e continuo (un bambino irrequieto, che si lamenta a tratti o in modo fievole, segnala altri tipi di situazioni)
  • è inconsolabile, si può interrompere per qualche istante ma poi ricomincia e spesso niente di quanto abbiamo elencato prima sembra funzionare: né allattare, né prendere in braccio, né distrarre il bambino. 

Ma quali ipotesi sono state fatte per spiegare le “coliche” ? la parola colica richiama alla mente un dolore di tipo intestinale, anche se in realtà la scienza medica non è mai riuscita a mettere questo pianto del bambino in relazione a un dolore dell’intestino.

Alimentazione della mamma?:  Negli anni sono stati fatti alcuni studi per indagare i possibili collegamenti tra le coliche del lattante e alimenti assunti dalla mamma che allatta; ma una recente metanalisi (1) mostra che le prove dell’efficacia dei cambiamenti della dieta della madre per migliorare le coliche, sono scarse. I bambini allattati al seno e quelli allattati con formula sembrano soffrirne in ugual modo. Non si possono escludere allergie a qualcosa che la mamma ha mangiato, ma è una condizione rara e che va in ogni caso diagnosticata dal medico; per contro, i bambini paiono apprezzare il cambiamento dei sapore del latte materno, in conseguenza a una dieta varia. Insomma la mamma in allattamento può mangiare di tutto, come sempre restando sensibile all’osservazione del suo piccolo.

Aria nel pancino? Secondo un’ipotesi, il bambino inghiotte aria durante la suzione. Si trovano infatti in commercio tettarelle dette antisinghiozzo e anticoliche, che permetterebbero all’aria di defluire dal biberon invece di essere inghiottita insieme al latte. Capita anche le mamme che allattano al seno si sentano dire che il bambino inghiotte aria da un seno ormai “vuoto” per una poppata “troppo” prolungata. Ipotesi assai poco scientifica, se non altro perché dalla conoscenza della fisiologia della lattazione sappiamo che il seno non può mai dirsi “vuoto” in quanto non è paragonabile a un contenitore che si svuota ma a una sorgente, da cui il latte scorre sotto il richiamo del bambino.  Un’altra ipotesi fantasiosa attribuisce la formazione di gas intestinali alla fermentazione di qualcosa che la mamma ha mangiato, e che è passata nel latte. Anche questo ha poco senso (l’aria nella pancia casomai la avrà la mamma) 
Molto spesso l’aria nel pancino è più una conseguenza del pianto! Non il contrario….  poi quando il bambino si calma e si rilassa, si rilassano anche gli sfinteri, e i gas escono.

Primo latte/ troppo lattosio? In realtà è nell’ordine delle cose che una buona parte del lattosio non venga digerita, in quanto è necessario come cibo per i batteri intestinali (e quindi per la salute del microbioma del lattante), e anche per rendere le feci del neonato più liquide, il che non è in sé una cosa negativa, in quanto così sono più facili da evacuare per un bambino piccolo. Per molto tempo non si è compresa la presenza di oligosaccaridi nel latte materno (2), non digeriti dal bambino: in realtà nutrono il microbioma del lattante

latte materno
Fonte: L’allattamento come priorità di salute pubblica nelle emergenze, Angela Giusti (2018)

A cosa possono essere collegati pianto e irrequietezza allora? perchè alcuni bambini piangono tanto e altri no?

Tra le tante cose che il bambino impara a fare dopo la nascita, c’è anche il far lavorare il suo sistema gastrointestinale, che all’incirca per i primi sei mesi digerisce e assimila in modo ottimale il latte, materno in formula.  Molti bambini hanno bisogno di imparare a usare il cosiddetto “torchio intestinale”, cioè il tipo di contrazione che facciamo per evacuare: nella pancia non l’ha mai dovuto usare…Fare questo nuovo lavoro all’inizio chiede un certo impegno al corpo e qualche difficoltà.. Ci sono così i bambini che si adattano più facilmente e quelli che invece fanno fatica e necessitano di più tempo o “accompagnamento”. Tutti questi bambini, i primi e i secondi, sono ok!

Un aspetto importante da considerare è la gestione dell’allattamento. Nelle prime 4-6 settimane dopo la nascita mamma e bambino attraversano un periodo di conoscenza e di calibrazione, delicato e intenso, dove dare attenzione ai segnali e alle richieste del bambino può essere impegnativo e intenso ma ha la funzione proprio di mettere le basi per un felice allattamento, sia quanto alla produzione di latte sia nella maggiore efficacia della comunicazione della diade bambino. A volte in questo processo interferiscono pregiudizi, cattive informazioni, difficoltà pratiche: un bambino che viene fatto aspettare tra una poppata e l’altra può arrivare al seno irritato; un altro può aver bisogno di tempo e la mamma qualche dritta sulle posizioni in cui sia più facile gestire un flusso di latte molto abbondante, ad esempio (3).
Poppate a grappolo. Inoltre molti bambini nelle prime settimane amano fare una “maratona” di poppate nel tardo pomeriggio-sera, e poi fanno una tirata di sonno nella prima parte della nottata.

Le crisi serali possono essere anche dovute a sovrastimolazione accumulata nel corso della giornata, e a stanchezza, del bambino e anche della mamma, e la stanchezza interferisce con riflesso ossitocinico (il modo in cui il latte esce dal seno).

Per le coliche non c’è una soluzione unica o ricetta magica. Ma possiamo avere delle strategie per gestire una situazione che mette alla prova sia i bambini che i loro genitori, e anche lavorare molto in prevenzione.o

Nel momento della crisi come abbiamo già detto sopra possiamo: 

  • offrire il seno, oppure un succhiotto se il bambino è allattato con il biberon 
  • tenere in braccio il bambino e provare a cambiare posizione: per molti funziona essere tenuti a pancia in giù con una mano sotto la pancia e la testa appoggiata all’avambraccio dell’adulto. Altri hanno giovamento da essere tenuti in verticale, il che facilita anche un eventuale ruttino
  • cullare, dondolare dolcemente il piccolo: questo aiuta a distribuire gas e liquidi nella pancia
  • cambiargli il pannolino
  • spogliarlo, avendo cura che la stanza abbia una temperatura adeguata, e tenendo la mano sul pancino, offrire un tocco delicato e fermo, presente
  • fare “hara su hara” : il calore della pancia del genitore e il movimento del suo respiro offrono una forma di leggero massaggio che può rivelarsi molto utile

In prevenzione, oltre a porre attenzione alla gestione dell’allattamento nei suoi ritmi,  è possibile:

  • usare il massaggio, che è un meraviglioso modo per alleggerire stanchezza e eventuali piccole tensioni. Ci piace ancora sottolineare come questo far fluire attraverso il tocco abbia risvolti benefici e piacevoli sia per il piccolo, sia per il genitore che dona il massaggio. E’ possibile prendersi un momento nella giornata da dedicare a questo appuntamento con il bebè, in modo che diventi un piccolo rituale, o anche lasciarsi andare all’ispirazione del momento, magari approfittando del cambio pannolino o del bagnetto. Se sei interessata a un corso per approfondire sequenze specifiche, che però partano sempre dal riconoscimento della tua intuizione di mamma e papà, qui trovi le informazioni sui nostri corsi 
  • usare una fascia o un altro supporto per portare il tuo piccolo durante la giornata. Tra i tanti benefici del portare, gli studi sottolineano che i bambini portati sono meno soggetti a episodi di pianto e le loro crisi sono di minore intensità (puoi rivolgerti a Marta Mroz, la nostra meravigliosa consulente: marta@oasidellemadri.it).

 

 

1  Dietary modifications for infantile colic 2018

2 Alimentazione nei primi mille giorni di vita 2018

3 Latte Materno, come funziona la produzione di latte? Uppa; L’allattamento a richiesta è biologia, non una scelta filosofica La via del Latte

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